Il saluto della Caritas a Mons. Giovanni Checchinato

«Il Vescovo, consacrato alla carità e presidente della sua Caritas diocesana, porta i poveri nel cuore suo e della Chiesa». Questo afferma la Carta pastorale della Caritas al n. 38. Ed è proprio questo che voglio augurare a Mons. Giovanni Checchinato mentre si accinge a fare il suo ingresso solenne nella nostra Diocesi, «sua nuova famiglia». Il mio augurio personale e quello dei volontari della Caritas diocesana a don Gianni è quello di «allargare» e di «farci allargare» il cuore per fare spazio ai poveri, i quali hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio e della Chiesa (cf. EG 197), come ci ricorda quotidianamente Papa Francesco con le sue parole, i suoi gesti, la sua vita.

All’inizio di questo cammino insieme tra Vescovo e popolo, vorrei richiamare l’attenzione su tre termini che possano sintetizzare il cammino svolto finora e quello che ci aspetta:

  1. La nostra Chiesa diocesana ha luci e ombre, come avviene per qualsiasi realtà dove ci sono uomini e donne con le loro fragilità. Ma tra le sue luci, senza dubbio, trova posto la ricca tradizione di carità vissuta nel silenzio e nell’offerta generosa di sé stessi per gli altri. Mi piace ricordare qui coloro che ci hanno preceduto – vescovi, sacerdoti, religiosi e laici – e che ci consegnano un’eredità luminosa da custodire e da vivere. Tra tutti, ricordo le figure indimenticabili del Servo di Dio don Felice Canelli e di Mafalda D’Errico.
  2. FEDELTA’. Il Vangelo è molto semplice. Non c’è bisogno di tante interpretazioni o di esegesi approfondite o elucubrazioni teologiche alquanto articolate. Nel Vangelo Gesù è costantemente proteso verso i deboli, gli emarginati, gli esclusi. In tre quarti di Vangelo c’è questo e su questo saremo giudicati. La Caritas riscopra la sua vocazione ad attirare gli sguardi di tutti all’essenziale, nella fedeltà al Vangelo e all’uomo.
  3. Le sfide che ci attendono sono tante e ardue. La nostra Chiesa abbia qualcosa – di «evangelico» – da dire rispetto alle povertà, vecchie e nuove, al problema della disoccupazione che colpisce famiglie e giovani, alla criminalità imperante e arrogante, all’accoglienza dei migranti lavoratori spogliati della loro dignità  e relegati nei ghetti delle nostre campagne, alla solitudine degli anziani, all’inclusione di chi è ai margini. Lo faccia con coraggio e franchezza apostolica.

E allora, benvenuto don Gianni! E buon lavoro!

 

don Andrea